Capitolo Duecentonovanta

Questo sarà uno dei capitoli più pesanti ed altamente disturbanti ed è rivolto esclusivamente alle vittime d’abuso sessuale subito nell’infanza. Si parlerà non solo di Fawn, ma anche di come questa risposta si adatti agli abusi sessuali. Se pensi che potrebbe farti stare male, non continuare nella lettura, ti prego. Sarò brutalmente esplicito.

Di solito vengono elencate tre reazioni agli eventi, indicate, anche in italiano, con i termini: Fight, Flight, Freeze. In realtà ne esiste un’altra, troppo spesso dimenticata: il Fawn. Quest’ultima è tremendamente comune nelle persone con CPTSD, ovvero un trauma, o vari traumi, sviluppati durnte un lungo periodo di tempo. Di solito si innesca dopo la rinuncia alle prime tre risposte, spesso perché sono risultate controproducenti. Si tratta non solo di una sottomissione spontanea, ma spesso condita da iniziative atte a compiacere l’abusante. Il tutto per evitare, per quanto possibile, ogni conflitto con quella persona (o quelle persone), che potrebbe degenerare in situazioni ben peggiori di quelle che si stanno già vivendo. A volte non esiste un reale pericolo ulteriore, ma le condizioni di minaccia continua che un abuso a lungo termine ti sottopone, tendono a farti vivere nel terrore, soprattutto se la persona che abusa di te è anche un abile manipolatore narcisista (e spesso lo sono). Non c’è nemmeno bisogno di minacce, perché il suo comportamento annienta ogni spirito di autoconservazione. A volte può combinarsi anche con un sentimento di falsa auto-illusione, come se, in qualche modo, si potesse riprendere in mano il controllo: “Non sei tu che mi abusi, ma sono io a deciderlo, alle mie condizioni ”.

Il Fawn è una risposta che ho sviluppato in più occasioni, sia a livello di abusi sessuali, che di bullismo, anche se in quest’ultimo caso sono stati episodi davvero molto isolati. Per quanto riguarda gli stupri, il fawn era presente, per diversi periodi, nei due abusanti maschi, mentre non ricordo che tale meccanismo si sia innescato quando ero con l’abusante donna. Gli abusi sessuali non erano una costante di ogni incontro, ma il tempo con loro era estremamente pesante. Sempre con la minaccia che qualcosa potesse accadere in ogni momento. Sempre con la tensione di aver paura di farli arrabbiare. Sempre col terrore di fare, o dire, qualcosa di sbagliato per il quale avrei pagato un prezzo troppo alto. Ero un bambolotto di pezza, svuotato dell’anima, che potevano plasmare a loro piacimento. Mi mettevo a loro servizio, affinché potessero essere meno scontenti e magari guadagnare qualche credito in caso avessi fatto qualcosa che a loro non fosse andata a genio.

Soprattutto con lo stupratore di famiglia, il tempo passato insieme era consistente. Spesso da soli. Era una persona cattiva e tossica in ogni ambito (capitolo 235) e la tensione, quando ero con lui, era devastante. Avevo paura di tutto, soprattutto che lui mi potesse fare del male emotivo, più che fisico o sessuale. Era dannatamente abile in quello. Non volevo farlo arrabbiare, non volevo che se la prendesse con me. Ho questo macigno che per troppo tempo mi ha fatto dubitare di me stesso. Dubitavo di me perché pensavo che in realtà forse lo volevo io, forse qualcosa nel mio comportamento li ha attirati sessualmente. Perché dico questo? Perché, malgrado la nebbia, ricordo qualche occasione, soprattutto nei primi tempi, intorno ai sei o sette anni, dove fui io a prendere l’iniziativa. Di solito succedeva dopo che per diverse ore eravamo insieme senza che fosse successo niente di sessuale. Non ricordo le sensazioni emotive che provavo all’epoca, ma è una mia caratteristica anche oggi, quando c’è qualcosa di spiacevole, togliermela di mezzo il più velocemente possibile, per poi non pensarci mai più (stesso ragionamento che si è innescato nel capitolo 71, quello del mio ultimo stupro, dove l’ho accettato così da poter poi essere libero). Quindi immagino che dopo tutte quelle ore di tensione, date dall’incertezza, avessi preso io in mano la situazione, per non pensarci più. Per magari farmi guadagnare qualche credito futuro. Forse per non farli arrabbiare ulteriormente. O probabilmente la combinazione di questi tre fattori. Mi ricordo un episodio dove sono stato io a chiedere: “Ma allora? Non facciamo niente?” mentre mi mettevo sul divano e i ricordi si interrompono.

Ora mi rivolgo a te, fratello o sorella vittima di abusi come lo sono stato io. Non eravamo noi a volerlo, per quanto te l’abbiano fatto credere. Non pensare che la colpa sia stata tua, malgrado ciò che quei mostri manipolatori possano avertelo fatto pensare. Non eravamo noi, ma erano i nostri e le nostre abusanti ad essere entrati nelle nostre menti, sostituendosi addirittura al nostro istinto di autoconservazione. Non importa se durante quegli atti mostruosi puoi aver provato piacere, non significa che lo volevi, ma è solo che è così che quelle parti del corpo funzionano. E soprattutto non credere alla menzogna che loro ci tenevano a te, perché non è così. Ti hanno trattato o trattata da oggetto per le loro sporche perversioni. Sono dei mostri e tu non hai nessuna colpa. Nessuna. Se continui a crederlo non sei tu, sono ancora loro che, a distanza di anni, stanno continuando a farti del male. Perdonati e riconoscitelo, se puoi. Non ti chiedo di fidarti di me, ma spero che lo farai, te lo sto scrivendo con gli occhi bagnati di lacrime: NON SEI TU.

40 pensieri riguardo “Capitolo Duecentonovanta

  1. Sapevo di questa specie di difesa ma non sapevo che si chiamasse FAWN. Questo è quello che porta un atto orrendo come lo stupro e sicuramente questa è una cosa che sanno veramente in pochi. Anche questo è un argomento di cui parlare, un argomento importante per far capire alle persone che cosa significhi subire ma anche per far capire alle vittime che non è colpa loro. Bisogna smetterla di incolpare sempre le vittime. Sei stato molto coraggioso a parlare di ciò.

    Piace a 3 people

    1. Ti ringrazio, ma non sono stato coraggioso. L’ho fatto perché è l’unica cosa giusta da fare. Troppe persone si sentono in colpa per via della sensazione di colpa che questo meccanismo innesca, e non è giusto. Mi dispiace che tu abbia dovuto leggere questo capitolo così pesante.

      "Mi piace"

      1. Invece sei stato coraggioso proprio perché era la cosa giusta da fare. Riuscire a dire una cosa simile, esporsi così… non tutti ne sarebbero capaci. Hai fatto benissimo e non devi preoccuparti. È stato pesante, ma sono argomenti che la gente deve capire assolutamente.

        Piace a 3 people

      2. Il capitolo è pesante e triste a volte le conseguenze di abusi reiterati per molti anni da un padre ad una figlia sono devastanti . Sono molto coinvolta nonostante sia passata una vita . Non sono in grado di riferire lucidamente . Lei da adulta ha definitivamente chiuso ogni rapporto con i componenti della famiglia . Fratelli compresi . Da adulta ha scritto alla mamma dicendole che non perdonava nessuno dei due genitori anche se sapeva che l’abusante era uno solo ,e l’altro genitore per era una vittima anche se adulta ,per altri aspetti. Il problema non è stato mai superato ,la donna conduce una vita in cui continua a farsi del male . Impossibile nutrire speranze . Ha rifiutato qualunque qualunque supporto e percorso per oltre vent’anni scappando sempre lontano .
        Resta solo il dolore sono finiti anche i rimpianti ,forse con la vecchiaia anche i sensi di colpa del genitore condannato dalla vittima anche se sapeva che era fuori . La diagnosi che le era stata fatta a livello psichiatrico era piuttosto grave . Grazie del tuo racconto è un’altra conferma di quanto sapevo che accadeva in certe situazioni paradossali . È sempre un aiuto . Un mondo di bene a te e a chi soffre per questo tipo di danno . Guarire è un processo doloroso ma è meglio che finire in una psicosi .Le ferite restano ,auguro a chi ne ha di accettarle e ogni tanto di “accarezzarle” .

        Piace a 2 people

      3. Mi scuso per il terribile ritardo nella risposta. Volevo ringraziarti per la preziosa testimonianza, per quanto dolorosa, sono sicuro che potrà aiutare. Mi dispiace per questa persona, che ho compreso esserti molto vicina, sembra quasi si stia autosabotando, se ho capito bene. Purtroppo anche questa risposta è piuttosto comune per le persone sopravvissute all’inferno.
        Grazie ancora.

        "Mi piace"

  2. Sono d’accordo con The Butcher, sei stato davvero coraggioso, non sapevo tutte queste cose.
    È lodevole il motivo per il quale hai deciso di aprire il blog, ma ora sono io ad implorarti affinché tu possa avere per te stesso gli stessi sentimenti di assoluzione che hai avuto per gli altri. Non è stata colpa vostra, anche se possono averlo fatto credere.
    Non sarà mai colpa vostra quello che è successo.
    Ti abbraccio e ti sono vicina.
    Non riesco a capacitarmi di come si possa essere così malvagi, non lo capirò mai.

    Piace a 3 people

    1. Come ho risposto a The Butcher, non sono coraggioso, ma non potevo ignorare ancora questo aspetto. Spero solo che questo capitolo potrà essere utile a chi si sente in colpa per questo motivo.
      Per quanto riguarda me, riconsco il fatto che nessuna persona debba approfittare di un’altra solo perché è più debole e incapace di difendersi. E’ ingiusto.

      Piace a 2 people

  3. Parole sacrosante. Ho detto più di una volta quanto ritenga importante quello che stai facendo qui, e lo ribadisco qui, sotto a uno dei post tra i più significativi. La fawn response agli abusi è forse la più legata al senso di co-responsabilità e vergogna, che più porta al silenzio e l’isolamento. Anche se come hai sottolineato tu, nessuno di voi ha colpa di quello che vi hanno fatto. E’ importantissimo parlarne. Spero che queste tue parole raggiungano le persone che più ne hanno bisogno.

    Mi dicevi tempo fa che che questo era uno degli argomenti più difficili da trattare, le ore in cui le scrivevi devono essere state dure. Adesso come ti senti?

    Piace a 2 people

    1. Spero anch’io che questo capitolo possa aiutare chi si sente in colpa per la fawn response. Per quanto riguarda le ore spese a scriverlo, in realtà l’ho realizzato in pochi minuti, senza quasi ricorreggerlo. Proprio perché, come scrivevo nel capitolo, le cose che mi fanno stare male le voglio terminare il prima possibile. Mi ha fatto stare male, ma se posso aiutare anche una sola persona, non importa. Tu invece come ti senti dopo aver letto un capitolo così pesante?

      Piace a 1 persona

      1. “Per quanto riguarda le ore spese a scriverlo, in realtà l’ho realizzato in pochi minuti, senza quasi ricorreggerlo. Proprio perché, come scrivevo nel capitolo, le cose che mi fanno stare male le voglio terminare il prima possibile.”

        Oh. Non so se dire “meglio così” o no.

        “Mi ha fatto stare male, ma se posso aiutare anche una sola persona, non importa.”

        A me sì.

        “Tu invece come ti senti dopo aver letto un capitolo così pesante?”

        Intenerita dal fatto che tu me l’abbia chiesto. In un mood “contemplativo” per lo spazio che richiede un argomento così serio e delicato. Mi sento un bisogno di lenire e una gran voglia di dirti che ti voglio bene. Tutto qui.

        Piace a 2 people

      2. sure
        intendo che nessuna delle mie figure di riferimento durante la crescita mi ha fornito una educazione emotiva sana.perché nessuno era emotivamente stabile, o presente, o sano. le mie emozioni trovo non siano state riconosciute propriamente né davvero mai accolte, anzi spesso sovrascritte dell’emotività di un genitore emotivamente volatile, instabile,di fatto prevaricante. per certi versi sento davvero di essermi cresciuta da sola, se penso alla mia infanzia l’immagine che mi viene in mente è quello di un fungo che cresce da solo traendo nutrimento da quello che trova. Ho avuto fortuna e sfortuna al tempo stesso. Privatamente magari ti spiegherò il tipo di dinamica preciso. Fatto sta che tuttora sento di dover lavorare molto su me stessa perché il mio percorso nell’imparare a essere umano ha avuto i suoi scossoni e buchi.

        Piace a 1 persona

      3. Vedo che abbiamo un passato analogo, in certi punti quasi parallelo. Mi rattrista che anche tu abbia sofferto, e che tutt’oggi ne risenta. Non te lo meriti, sei una persona straordinaria. Come pensi stia ancora influenzando la persona che sei oggi? Grazie per aver condiviso questo aspetto così intimo e per la fiducia che mi doni ogni volta. Forse, entro breve, potremo parlare anche “dall’altra parte”.

        Piace a 1 persona

      4. “Vedo che abbiamo un passato analogo, in certi punti quasi parallelo.”

        Uh. Davvero? Sarà interessante confrontarsi sul perché, le tue esperienze sono così estreme rispetto alle mie che non mi sono molto soffermata su potenziali analogie. Cioè, mi ci sono interrogata su alcune , ma non sull’upbringing.

        ” Mi rattrista che anche tu abbia sofferto, e che tutt’oggi ne risenta. Non te lo meriti, sei una persona straordinaria.”

        Aw, grazie ;_;

        “Come pensi stia ancora influenzando la persona che sei oggi?”

        Mi influenza nel senso che sono bloccata nella stessa situazione da anni, anche per un senso di responsabilità (con effetti sulla mia emotività estremamente ambivalenti) da anni .

        “Grazie per aver condiviso questo aspetto così intimo e per la fiducia che mi doni ogni volta.”

        " Forse, entro breve, potremo parlare anche “dall’altra parte”."
        That's not sound ominous at all X°D /joking
        Dopo la prima settimana di giugno forse sarò in grado di comprendere come può funzionare wordpress anche privatamente cmq.

        Piace a 1 persona

      5. Forse ho mal compreso io. Avevo intuito che l’emotività e l’educazione emotiva che hai sviluppato in famiglia è stata influenzata in negativo dalla famiglia stessa. Per questo riconoscevo un’analogia. E non contano “esperienze estreme”, non è una gara. Se la cosa ti ha causato disagio, dolore, allora è estrema tanto quale alla mia. Poi ricordo che mi accennasti ai disordini alimentari, che di solito, ma non sempre, nascono proprio dalla sofferenza in età precoce. Comunque non comprendo la frase “con effetti sulla mia emotività estremamente ambivalenti”. Forse è estremamente chiara, ma non ci arrivo a capirla, mi dispiace,

        Piace a 1 persona

      6. “Forse ho mal compreso io. Avevo intuito che l’emotività e l’educazione emotiva che hai sviluppato in famiglia è stata influenzata in negativo dalla famiglia stessa. Per questo riconoscevo un’analogia.”

        Ah! In quel senso sì, è giusto, nasce da lì.

        “E non contano “esperienze estreme”, non è una gara. Se la cosa ti ha causato disagio, dolore, allora è estrema tanto quale alla mia.”

        ..Hai ragione, conta l’impatto.

        Riguardo i disordini alimentari, ti dirò, nel mio caso specifico non saprei dire se ha radici nella mia infanzia. Cioè, mi piaceva mangiare ed ero anche piuttosto golosa e ho patito molto per il mio corpo, ma è stato durante la tarda adolescenza che a un certo punto si era proprio compromesso il rapporto con il cibo e il mangiare, a seguito di quello che ho sempre trovato in una precisa sequela di eventi scatenanti (avvenuti al di fuori della famiglia)

        “Comunque non comprendo la frase “con effetti sulla mia emotività estremamente ambivalenti”. Forse è estremamente chiara, ma non ci arrivo a capirla, mi dispiace,”

        Non dispiacerti di non aver capito, mi succede a volte di diventare un po’ criptica senza che me ne renda conto ^^” Scusa tu, davvero non mi sono espressa bene, lo vedo anche io adesso.
        Intendevo dire che le mie emozioni, verso un certa dinamica/persona/set di bisogni, sono ambivalenti. Mmh..non so se si capisce meglio, non saprei come spiegarmi senza entrare in dettagli che ancora non mi sento di condividere.

        Piace a 1 persona

      7. Credo che sia quasi, ma non del tutto, impossibile guarire da un disordine alimentare, ma che si possano trovare delle strategie per conviverci e superare le paure, le ansie e i comportamenti sbagliati che questi disturbi ci danno. Ora il tuo rapporto col cibo com’è? Riesci ad essere più sana e positiva? Per quella serie di eventi scatenanti, se vorrai discuterne, un giorno, in pubblico o in privato, io ci sarò. Se non vorrai, ci sarò ugualmente.
        Ora ho compreso meglio quella frase. Non sono molto bravo a capire, non sei stata tu. Se non te la senti di condividerle è totalmente ok. Lo sai che sei libera di dire e non dire ciò che vuoi.

        "Mi piace"

      8. Lo so, lo apprezzo molto ^^
        Il mio rapporto con il cibo in sé adesso è buono! E anche se mi capita ancora di eccedere in certi momenti, guidata dall’emotività o dalla noia, ma non si tratta di abbuffate, non inizio a odiarmi o a sentire il bisogno di assumere comportamenti restrittivi. Adesso quando ho fame lo dico, mentre fino a, boh, tre anni fa, non lo dicevo perché era ancora nel reame di ciò che ritenevo di dover vincere, e perché avrebbe avvicinato il momento del pasto attorno al quale avevo pensieri ossessivi. Ci sono ancora un po’ di cose/situazioni che mi mettono in crisi e comunque dovrei mangiare più equilibrato (detesto cucinare e questo non aiuta), ma sono migliorata molto.

        “Per quella serie di eventi scatenanti, se vorrai discuterne, un giorno, in pubblico o in privato, io ci sarò. Se non vorrai, ci sarò ugualmente.”

        ;_; Grazie per la tua amicizia.

        Piace a 1 persona

      9. Grazie per aver posto così fiducia da raccontarmi un aspetto così importante.
        Sai, a me piace molto cucinare, ma detesto mangiare. Non so perché, forse qualche sorta di “controllo del cibo”. Ho iniziato a cucinarmi da solo intorno ai sei anni e da allora mi sono sempre divertito a sperimentare. Comunque il mio rapporto col cibo è ancora lontano dall’essere amichevole. Odiavo mangiare anche quando ero sovrappeso e mi abbuffavo giorno e notte, letteralmente. Questo è uno dei tanti problemi che dovrò risolvere, ma quando sono tanti a coesistere, tutto diventa estremamente pesante.

        Piace a 1 persona

      10. “Sai, a me piace molto cucinare, ma detesto mangiare. Non so perché, forse qualche sorta di “controllo del cibo”.”

        Mi sembra di sì. Anche io avevo letto qualcosa a riguardo, non è insolito.

        “Questo è uno dei tanti problemi che dovrò risolvere, ma quando sono tanti a coesistere, tutto diventa estremamente pesante.”

        Adesso è una matassa ingarbugliata. Dopo aver individuato il giusto aiuto e iniziato un percorso di cura (non necessariamente iniziando da questo), si può iniziare a sbrogliare e con tempo e pazienza vedere quali sono i fili principali e i nodi. Ma ci vuole tempo e non si può cmq che procedere un passo alla volta. Riguardo al disturbo alimentare, la mia speranza è che il tuo corpo resista. E’ questa la mia maggiore preoccupazione.

        Piace a 1 persona

Lascia un commento