Capitolo Cinquecentotré

Spesso le vittime di stupro non parlano dei loro abusi (capitolo 418), ma ciò non significa che non lo comunichino in altri modi. Nonostante non sia un professionista della salute mentale, ho creato questo capitolo prendendo spunto da esperienze personali mie e di altre persone in giro per il mondo, oltre che tramite studi effettuati autonomamente.

L’abuso può rimanere nascosto e i bambini e le bambine possono non parlare per tante ragioni:

– si sentono sporchi e sporche;

– pensano di aver fatto qualcosa di sbagliato;

– hanno paura che nessuno crederà loro, o che la cosa venga minimizzata;

– subiscono minacce verso di loro, verso altre persone alle quali vogliono bene, o verso un animale domestico. Oppure minacce di togliere il nutrimento, il letto, qualcosa alla quale tengono;

– il ricatto emotivo: “se davvero mi vuoi bene non lo dirai a nessuno” e frasi simili;

– hanno paura di tradire la fiducia dell’abusante, soprattutto se sono gentili e fanno sentire speciale la vittima;

– l’abusante può ricattare la vittima per qualcosa che ha fatto, che pensa di aver fatto, o che l’abusante si inventa;

– credono di amare l’abusante;

– paura di aver frainteso le azioni dell’abusante, o di aver avuto una reazione esagerata verso le azioni che ha subito (cultura dello stupro capitolo 79);

– manipolazione psicologica ed emotiva da parte dell’abusante;

– la paura di ritorsioni da parte di una persona vicino all’abusante;

– l’abusante può instaurare un rapporto di complicità con la vittima (“è il nostro segreto”);

– hanno paura che sia stata colpa loro;

– non vogliono essere un peso per la famiglia;

– non hanno nessuno/a a cui dirlo;

– vogliono proteggere la famiglia. Come nel caso che sia uno dei membri a perpetrare l’abuso e non – vogliono che la famiglia si possa disgregare a causa loro.

– pensano di non potersi più fidare di nessuno;

– se la persona, o le persone che abusano sono le stesse che si prendono cura del bambino o della bambina, la paura di finire chissà dove può bloccarli e bloccarle dal parlare;

– per senso di colpa. L’abusante può far scattare questo meccanismo, facendo leva sul senso di colpa del bambino o della bambina: “Se mi arresteranno tua madre resterà sola e che ne sarà di lei e di voi?”. E altre frasi simili;

– la autonegazione di ciò che è successo è uno stadio che può durare a lungo;

– la paura delle conseguenze medico-legali che una denuncia può portare (visite e interrogatori);

– la paura di peggiorare le cose (fawn response capitolo 290)

– possono non sapere di aver subito abusi. La dissociazione (capiolo 59) è un meccanismo di difesa che il cervello mette in atto per proteggersi da ciò che di brutto sta accadendo;

– timore di non essere abbastanza importanti per ricevere aiuto

– bambino e bambina non verbali.

A volte le vittime sono così giovani, o con così scarse informazioni, che non sanno cosa sia il sesso. E se non lo conoscono, come possono sapere che è sbagliato?

Ci sono dei segni o dei sintomi per comprendere ciò che è successo? Possono rimanere delle ferite fisiche, più facilmente rilevabili. Ma violenza sessuale non è solo sinonimo di penetrazione brutale, ma abbraccia qualsiasi cosa che possa far sentire a disagio il bambino o la bambina (capitolo 497).

Ci sono tanti segni e sintomi che possono rivelare le ferite non visibili che una violenza sessuale incide nell’anima. Segni riconoscibili soprattutto se la persona spende un significativo lasso di tempo col bambino o con la bambina, tanto da riuscire a notare cambiamenti nel comportamento. Questi segnali possono essere catalogati sia per severità, che per frequenza, che per entrambi i criteri.

– Se ci sono difficoltà nel deglutire normali porzioni di cibo, potrebbe essere un segno fisico molto spesso sottovalutato. Così come un’andatura diversa dal solito, la difficoltà nel sedersi e l’incontinenza

– La crudeltà verso gli animali domestici, verso gli animali in genere, o anche la sessualizzazione di essi, è un segno molto comune. Per esempio, negli Stati Uniti, il DCF collabora a stretto contatto con le associazioni animaliste. Se nel luogo in cui vive un animale maltrattato vivono anche bambini e bambine, parte immediatamente la segnalazione al dipartimento dei minori, e viceversa.

– Può assentarsi volontariamente da scuola, fingendo malori, o saltando le lezioni per nascondersi in qualche altro luogo.

– Può esserci un significativo calo del rendimento scolastico, a prescindere dalle assenze. Anche la condotta ne può risentire.

– Può perdere interesse ed entusiasmo nel partecipare ad alcune attività sportive e ricreative alle quali prendeva parte.

– Può sviluppare un disturbo depressivo, che si può mostrare attraverso rabbia e scatti d’ira. Anche i continui cambi d’umore, in positivo e in negativo, rientrano in questa categoria.

– Possono manifestarsi irritabilità e volgarità, o il bambino e la bambina possono iniziare ad utilizzare nuove parole per le parti intime, o riferirsi esplicitamente e volgarmente ad atti sessuali.

– I tic nervosi sono una risposta molto comune, così come i disturbi ossessivi compulsivi.

– Può essere in possesso di “regali” e soldi dei quali non si sappia la provenienza.

– Mente frequentemente, o in determinate situazioni.

– Se era un bambino o una bambina socievole, può tendere a isolarsi. O può sviluppare un attaccamento quasi appiccicoso verso una persona considerata sicura.

– Può sviluppare un rapporto non sano con il cibo, che può condurre ad un disturbo alimentare, come l’anoressia o il binge eating.

– Può sviluppare un comportamento sessuale non appropriato, sia per l’età che per le modalità (come la masturbazione in pubblico, il toccare parti private di altre persone, visione di pornografia)

– Autolesionismo (capitolo 299) come tricotillomania, tagli, o pizzichi. Comportamenti autolesivi in genere, come l’assunzione di alcol, di sostanze, o il fumo, possono manifestarsi anche nel bambino e nella bambina preadolescenti.

– Gli incubi notturni sono frequenti, così come i disturbi del sonno. Le vittime possono dormire troppo, troppo poco, o avere un pattern di sonno completamente sregolato e frazionato.

– Possono manifestarsi crisi di pianto incontrollato e inconsolabile (capitolo 267), o reazioni emotive non appropriate, come risa incontrollabili non giustificate da nessun avvenimento considerato divertente (capitolo 293)

– La sessualizzazione dei giocattoli è uno dei sintomi più evidenti (capitolo 289)

– La bambina o il bambino possono iniziare a parlare frequentemente di argomenti sessuali, raccontare barzellette esplicite, disegnare parti intime o atti sessuali, o essere felice di provocare scandalo parlando di argomenti a sfondo sessuale in mezzo a coetanei e coetanee e/o a persone adulte.

– Può provare disagio a vestirsi, spogliarsi, cambiarsi d’abito, o a rimanere con pochi indumenti, come per esempio in piscina. Così come può trovarsi in imbarazzo col proprio corpo, arrivando a denigrarlo interamente, o solo in alcune parti.

– Può provare disagio o disgusto per il contatto fisico, o essere estremamente avvezza/o.

– Può provare resistenza ad andare nel luogo dove solitamente accadono gli abusi (compresa la propria abitazione). Così come può provare disagio a rimanere con una o più persone in particolare.

– Può provare disagio ad essere fotografato/a o filmata/o (comune soprattutto tra le vittime di pedopornografia)

– Può mostrare un comportamento pessimista, lamentarsi di continuo. Oppure può mostrarsi apatica o apatico, estremamente accondiscendente e senza una vera volontà propria.

– Può allontanarsi dalla propria abitazione per periodi più o meno lunghi, comprese le fughe e il nascondersi in luoghi poco accessibili della casa o di altri luoghi.

– Può conversare di argomenti come la morte, il suicidio, l’omicidio, la vendetta.

– Può avere voglia di parlare della cosa, anche più volte, per poi bloccarsi.

– Può sviluppare un interesse sessuale verso persone più grandi, altri coetanei, coetanee, bambini più piccoli e bambine più piccole (capitolo 226 sul COCSA).

Una violenza sessuale non termina con la fine dell’atto. Ti accompagna per tutta la vita, soprattutto se sei rimasto da solo e sei rimasta da sola ad affrontare quello che una bambina o un bambino non dovrebbe mai e poi mai provare.

Se sei una persona adulta e noti questi fatti, non dare il beneficio del dubbio. Ascolta. Chiedi. Segnala. Se è il bambino stesso, o la bambina stessa, a confidarsi con voi, prima di tutto credete a tutto ciò che vi verrà detto. Frasi come: “Ma sei sicuro/a? Forse hai capito male” possono far dubitare ancora di più la vittima di sé stessa, o farla sentire invalidata.

Se siete voi a iniziare la conversazione, assicuratevi che si volga in un momento adatto e di essere in un posto sicuro, dove non potete essere disturbati/e. Non bombardateli/e di domande, lasciate parlare liberamente. Ascoltate e non interrompete, ripetendo ciò che la bambina o il bambino vi dice, a mo’ di conferma. Incoraggiate la vittima a raccontare, in modo naturale e senza forzarla. Rispettate le sue pause e i suoi tempi. Se è vostro figlio o vostra figlia è facile e comprensibile perdere la calma, agitarsi e avere una reazione disperata o violenta. Anche se sarà difficile da accettare, cercate, per quanto possibile, di mantenere la calma, dando così a vostro figlio e a vostra figlia un senso di stabilità e di conforto. Dite loro che non hanno nessuna colpa, che non hanno fatto niente di male e, soprattutto, che credete loro.

La rivelazione dell’abuso difficilmente avviene in una volta sola, è un processo lungo e faticoso che richiede molto tempo.

Quando non sarete più in presenza del bambino o della bambina, contattate il numero di emergenza e i servizi per l’infanzia abusata, chiedendo come dovete comportarvi. Se invece il bambino o la bambina sta male, chiamate un dottore o un ambulanza. Se la vittima fa parte della vostra famiglia, attivatevi il prima possibile affinché possa ricevere tutti i trattamenti psicologici e medici dei quali avrà bisogno. E, se possibile, allontanatelo/a dalla situazione e dal/dalla familiare pericoloso/a. Sia che sia solo vostro figlio/vostra figlia, o che siate anche voi vittima d’abuso da parte dello stesso familiare, contattate i centri antiviolenza. Provvederanno a tutto, comprese quelle piccole cose che non immaginate, come il fornirvi un rifugio sicuro, l’assistenza medica e legale della quale avrete bisogno, sostegno psicologico e lavorativo.

Credete sempre a ciò che vi dicono, anche se accusano vostro marito, vostra madre, o anche la loro propria sorella. I bambini e le bambine vittime di abusi sono le meno suscettibili ad inventarsi storie, nemmeno se costrette. Si calcola un’autenticità attorno al 97%.

Ascoltate, non giudicate e fate sapere che di voi si potranno fidare. Perché l’abuso sessuale è un crimine. Un crimine che ti toglie qualcosa di così intimo che non potrà mai essere rimpiazzato. E la fiducia in un altro essere umano rientra tra le cose sottratte.

È un crimine che uccide la piccola anima incastrata in quell’abuso. E ogni ulteriore abuso non fa altro che ucciderla ancora e ancora, senza mai farci l’abitudine. Non ignorate i segnali. Cercate di comprendere e parlate.

Così come l’abusante può essere chiunque, anche chi salva una piccola anima sofferente può essere chiunque: un genitore, un insegnante, la madre di un’amichetta con la quale gioca, un’allenatrice, un familiare, un vicino, insomma, chiunque. Siate i supereroi o le supereroine di queste piccole anime.

Se volete scoprire di più sugli argomenti trattati, consultate i link in corrispondenza delle parentesi con indicati i capitoli inerenti. O visitate l’intera raccolta nella pagina ABUSI cliccando qui.

26 pensieri riguardo “Capitolo Cinquecentotré

  1. Chi come me ha a che fare con bambini piccoli è abituato a fare estrema attenzione a tutti i possibili segnali, e ad indagare per quanto possibile sulle situazioni a rischio. Ma spesso ci si scontra con genitori che non vogliono vedere.

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    1. Non sapevo che avessi a che fare con i bimbi. Sono certo che sei fantastica nel farlo. Quello del non voler vedere purtroppo è un altro grande problema, come il minimizzare o il negare. La mancanza di un supporto può far sentire spaesata la piccola vittima, facendola sentire invalidata. Grazie per aver aggiunto questo prezioso punto. Sentiti librera di aggiungerne altri che reputi importanti.

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      1. Se vuoi posso raccontarti cosa ci è capitato: una bambina di cinque anni ha disegnato due figure adulte a letto insieme. Le abbiamo chiesto se fossero mamma e papà, e lei ha detto di no. Allora abbiamo cercato di parlarne con lei, che comunque sembrava molto tranquilla, e parlandone è venuto fuori che l’aveva visto in televisione. Il problema era parlarne ai genitori, perché poteva essere di tutto: poteva aver visto per caso uno spettacolo non adatto a lei, oppure potevano averglielo mostrato apposta… Insomma c’era da andare con calma, ma non troppa. Alla fine si è deciso di parlarne con i nonni, che erano molto presenti perché venivano spesso a prenderla a scuola, e per fortuna si è risolto tutto in una bolla di sapone: è venuto fuori che aveva visto il fratello più grande che guardava materiale pornografico sul computer. Certamente non una bella cosa, ma poteva essere molto peggio.

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  2. Hai fatto una lista veramente lunga dei motivi per cui i bambini non parlano delle violenze subite e come invece riconoscerne attraverso il linguaggio del corpo che trovo veramente completa. Hai spiegato chiaramente tutti i segni e lo hai fatto in maniera diretta e con la tua solita sensibilità. Continuo a pensare sempre che quel che fai sia molto importante.

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    1. Purtroppo questa lista non mi ha fatta sentire bene per giorni. Diversi sintomi erano anche miei, ma nessuno ha mai colto, o voluto cogliere, il mio grido d’aiuto. Ma se ciò potrà dara una mano anche solo a un bambino o una bambina, allora non importa come mi sento. Grazie per il tuo infinito supporto Amico mio. Non sai quanta gioia mi dona la tua amicizia.

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      1. Purtroppo molte persone sono superficiali, altre non sanno e altre ancora non vogliono vedere. Per questo il lavoro che fai tu di informazione lo trovo veramente importante. Ti mando tanti abbracci, amica mia!

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      1. Grazie per la premura di chiedermelo, ma no. Vado in modalità completamente razionale quando si tratta di prendere nota e di apprendere, e sono più condizionata dai lati validanti e positivi di un post come questo. Cioè mi è più facile immaginare il senso di comprensione e validazione che qualcuno può provare leggendo dopo aver magari passato anni dovendo fare i conti con negazione e victim blaming che altro. Fortunatamente non ho esperienze tali che mi abbiano provocato falshback emotivi leggendo. Inoltre mi approccio al blog e a determinati post in particolare quando mi sento nel giusto mindspace. Ho cura di me in tal senso 🙂

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      2. Mi rassicura sapere che ti prenda cura ti te stessa. Grazie per approcciarti ai capitoli pesanti soltanto quando te la senti. Lo trovo un sollievo, perché causare disagio e disturbo è una delle due cose che da sempre mi hanno fatto paura da quando ho aperto il blog. L’altra paura è quella di poter “accendere” le persone sbagliate.

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  3. Questo capitolo è stato davvero illuminante, all’asilo mi capitò di subire un abuso, non riesco a parlarne. Il ricordo mi fa ancora male, fu la consapevolezza di aver subito un’ingiustizia a farmi ancora più male. Per anni mi sono tenuta tutto dentro, mi vergognavo. Lo raccontai ai miei genitori moltissimi anni dopo e ci rimasero malissimo.
    Mio padre in modo particolare perché aveva scelto con accuratezza l’asilo e non avrebbe creduto mai possibile una cosa del genere. Una volta era il mio compleanno e vennero i miei cugini. Mia zia mi aveva comprato un bel mezzo di fiori 💐 e la maestra, una delle maestre, sempre la stessa, disse che le piacevano molto e li prese, tenendoli per sé. Non è questo l’episodio, ma anche questo mi dispiacque molto. Sono certa che i miei sarebbero intervenuti a mio favore. Non hanno negato, mi hanno chiesto come mai non avessi detto niente. Papà sarebbe sicuramente venuto all’asilo. Non so che cosa mi sia scattato dentro. Volevo bene a quella maestra, prima dell’accaduto. Mi offrivo sempre di aiutarla. Fondamentalmente, sono sempre stata una che non voleva dare problemi. Poi, da grande, quando ho intrapreso percorsi di Psicoterapia, a causa della Depressione, ho avuto modo di parlare di quanto accaduto. Scusami, non riesco a dire di più. Però desidero che tu sappia che leggere questo capitolo, in modo particolare, mi è stato di grandissimo aiuto.
    Ti ringrazio tantissimo.

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    1. Non ti forzerò mai e poi mai a parlare di ciò che non vuoi. Questo spazio è anche tuo e devi sentirti libera di utilizzarlo, o non utilizzarlo, come vuoi. In caso, sai già che troverai un posto sicuro, accettazione e comprensione, da parte di tutte le persone che frequentano il blog. Sono felice che tuo padre non ti abbia negata, anche se la domanda “perché non hai detto niente” può essere triggerante per molte persone. Avevo già intenzione di scrivere un capitolo proprio su una cosa del genere. Qualsiasi cosa tu abbia subito non è giusta e mi rattrista sapere che, oltre averla vissuta, ti abbia lasciato in eredità un trauma che ha condizionato la tua vita.

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      1. Ti ringrazio, sicuramente è stato un trauma che ha condizionato la mia vita. Quello di mio padre non era un rimprovero, ma un rammarico perché non essendo al corrente dell’accaduto, non ha potuto fare nulla. Se non rammaricarsi profondamente per quanto mi era successo. Se avesse saputo, avrebbe potuto intervenire. Fu tutto estremamente umiliante.
        Grazie per la tua comprensione.

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