Capitolo Quattrocentonovanta

Questo capitolo sarà altamente disturbante. Ti prego, non continuare nella lettura se non te la senti di affrontare un tema così pesante come la violenza su piccole anime.

Uno degli aspetti che ogni tanto ho trattato, è il disagio di diverse vittime per aver provato piacere sessuale, o addirittura un orgasmo, durante gli stupri subiti durante l’infanzia. Spesso queste sensazioni vengono manipolate proprio dai carnefici per colpevolizzare la propria vittima. Viene detto loro che se hanno provato piacere allora non è una violenza, così come viene fatto credere che erano loro a volerlo, proprio per le sensazioni che provavano. Viene anche utilizzata la Fawn Response (capitolo 290) contro le vittime, convincendole del fatto che se “si concedevano” allora erano complici, se non addirittura adescatori o adescatrici.

Tutti questi fattori possono contribuire a far tacere la vittima, in quanto si sente responsabile, o almeno co-responsabile, di tali atrocità (capiolo 418). Un auto victim blaming difficile da sradicare, che di sovente si aggiunge già alle enormi difficoltà che un trauma di questo tipo porta con sé. Ci si rifiuta di cercare aiuto, arrivando quasi ad assolvere il mostro, assumendosene tutta la responsabilità.

In realtà sono proprio quei mostri ad essere degli abili manipolatori. A volte non c’è nessuna volontà, da parte di chi stupra, di far provare piacere alla vittima (anzi alcuni di loro godono a vederne la sofferenza). Accade e basta, ma solo perché è così che fisiologicamente funzionano certe parti del corpo se stimolate. In altri casi c’è proprio la volontà dello stupratore, o della stupratrice, di provocare un piacere erotico nella vittima, sia per tenerla buona, per poi avere un “credito” da spendere a proprio vantaggio, sia proprio per farla dubitare di sé stessa, persuadendola che la cosa fosse stata consensuale (se non addirittura una sua iniziativa). C’è anche chi arriva a far credere alla vittima che quella fosse una vera relazione romantica, utilizzando questo punto per rafforzare la convinzione di consensualità.

No, non può esistere consensualità in un rapporto con un bambino o una bambina. Erano loro le persone adulte. Erano loro ad avere più strumenti a disposizione. Erano loro che non avrebbero mai dovuto approfittarsi di povere anime innocenti. Erano loro che non avrebbero mai dovuto fare quello che hanno fatto. E non c’è nessuna scusa che tenga.

Per questo non importa se avete provato un orgasmo, avete avuto un’erezione, o se avete eiaculato. Sono loro i veri colpevoli e le vere colpevoli. Perché, anche durante uno stupro in cui si prova piacere, la sensazione di terrore non abbandona mai la vittima. La mancanza di controllo (capitolo 479) viene ancora più rafforzata dalle sensazioni provate. Ciò può portare a provare disgusto sia verso sé stessi e sé stesse, sia verso l’atto sessuale in sé, anche se effettuato in età adulta in un contesto sano e sicuro. Molte testimonianze raccontano che diverse vittime che hanno provato piacere, vomitavano dopo lo stupro, a causa del disgusto, della tensione e del terrore vissuti durante quelle mostruosità.

Questo capitolo è frutto di anni di ricerche personali in ambito psicologico e di lettura e ascolto delle testimonianze di diverse vittime in diverse parti del mondo. Siccome parlo dell’argomento da esterno, potrei commettere degli errori di interpretazione dalle informazioni che ho raccolto e osservato. La mia personale esperienza non mi permette di ricordare alcuna sensazione fisica provata durante le violenze subite durante l’infanzia, anche se non escludo che questo tipo di risposta fisiologica possa essere capitata anche a me. Le conseguenze coscienti che ancora oggi provo, sono quelle legate ad alcune sensazioni fantasma (capitolo 292).

24 pensieri riguardo “Capitolo Quattrocentonovanta

      1. Infatti esiste e non bisogna affatto ignorarla, fai benissimo a parlarne.
        Sai, mi è venuto in mente un episodio che risale a quando ero molto piccola. Portavo ancora il costume solo sotto e mi sentivo a disagio senza il reggiseno. Non che avessi grandi forme, ero magrolina, ma avevo le mie piccole forme, infatti ero più a mio agio con il costume intero.
        Eravamo sulla spiaggia ed io ero sulla sdraia a prendere il sole 🌞 in compagnia di un amico di famiglia che fino a quel momento mi era simpatico.
        Insomma, fece una cosa orribile.
        Cominciò a guardarmi il seno e mi spostò anche il viso per tenermi ferma e guardarmi meglio. Si è limitato a questo, ma provai una vergogna terribile. Credo di averne parlato con mio padre e da allora feci in modo di non trovarmi mai più da sola in sua compagnia. L’anno dopo avevo il costume a due pezzi.
        Non è bello essere guardati, fu disgustoso, ero piccola, ma capivo che non era giusto.

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      2. Caspita, come mi dispiace per questo episodio disgustoso. Tuo padre è stato in qualche modo d’aiuto? Non rispondere se pensi che sia troppo pesante ricordare. È stato un bene che ti sia resa conto subito che quello non fosse un atteggiamento corretto da parte di quell’adulto. Non era colpa tua e non lo è mai stata. Ma ho la sensazione che ne eri già consapevole all’epoca. Grazie, questa testimonianza è preziosa e sono certo che potrà aiutare molte persone a sentirsi meno sole e meno invalidate. Grazie di cuore.

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      3. Ti ringrazio, ho raccontato questo episodio proprio nella speranza di poter essere utile.
        Sì, ne ero consapevole. È sempre stato utile parlare con mio padre, non ricordo come gestì la faccenda, ma di sicuro fu dalla mia parte. Successe un’altra cosa sempre in vacanza, forse qualche anno dopo. C’era un ragazzino che mi perseguitava e mi faceva molta paura.
        Anche se tendevo a tenermi tutto dentro, per non dare preoccupazioni, ne parlai subito a mio padre che andò a parlare immediatamente con il padre del ragazzino. Insomma, qualche giorno dopo, mi fermò una ragazza, non so che rapporto avesse con quel ragazzino. Era più grande di lui, non credo fosse la sorella, forse era la cugina, comunque lo conosceva bene. Mi fece sentire terribilmente in colpa. Disse che lui non mi aveva fatto niente, invece mi terrorizzava ripetutamente ed io avevo avuto problemi di questo tipo anche alle elementari.
        Non contenta mi raccontò quello che il padre gli aveva fatto per colpa mia. Mi sentii male, come se mi avessero dato un pugno 👊 nello stomaco. Ne parlai con mio padre e gli chiesi di non parlarne ancora con il padre del ragazzo. Poco tempo dopo, in piazza incontrai lui ed il suo amico che mi tesero un agguato, se non ci fossero stati mio fratello, mio padre e mia madre a difendermi credo sarebbe finita male per me. Io mi sentii pure in colpa per lui. Mi domandai come mai il padre fosse così cattivo con lui, però notai anche che, nonostante tutto, non demordeva. Fu un episodio che mi segnò parecchio.

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      4. Mi dispiace anche per questo episodio e comprendo anche il tuo bisogno di non dare preoccupazioni alla tua famiglia rimanendo in silenzio. Immagino che quel ragazzino vivesse in una famiglia disfunzionale e tossica, dove la violenza verbale e fisica fossero la realtà di ogni giorno. Non giustifico il suo comportamento nei tuoi confronti, ma è solo per trovare una possibile spiegazione di tanta cattiveria. Grazie ancora per aver condiviso, il tuo esempio è prezioso, così come sei preziosa tu.

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      5. Grazie infinite, spero di essere stata di aiuto, mi sono anche liberata di un peso raccontando questa storia.
        Ho altre testimonianze da offrire.
        Grazie di cuore, tu sei prezioso.

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  1. Questo argomento è fondamentale e importante non solo per far capire alle vittime che non è colpa loro di niente ma anche alle persone comuni che sanno poco sull’argomento. Queste informazioni a mio avviso dovrebbero essere condivise di più e spiegate con la tua stessa precisione ed empatia. Nel tuo piccolo stai facendo un lavoro immenso e ti ringrazio profondamente per questo.

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      1. Per me è sempre importante cercare di capire una cosa e non limitarsi alla superficialità, specialmente se si tratta di argomenti così delicati e importanti. Stai facendo un lavoro grandioso, amica mia!

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