Capitolo Quattrocentonovantacinque

Questo capitolo tratterà esplicitamente di un forte argomento tabù legato alle violenze sessuali verso bambini e bambine. Ti prego, non continuare nella lettura se non te la senti di affrontare un tema così pesante. Non essendo uno specialista, tratterò l’argomento dal punto di vista personale, includendo studi personali, confronti e testimonianze trovate online.

Come trattato nel capitolo 337, anche una donna può compiere abusi sessuali verso un bambino o una bambina. Per diverse ragioni che verranno analizzate in seguito, se ne parla troppo poco, ma è un fenomeno più ampio di quello che si creda.

Rispetto agli stupratori maschili, la quantità è decisamente inferiore e spesso non operano da sole. In molti casi agiscono in complicità con uno o più uomini, facendo da tramite, o adescando le vittime. Così come esistono casi in cui lo fanno per compiacere i propri compagni. Ma possono agire anche per conto proprio. Per la società patriarcale impregnata di mascolinità tossica nella quale viviamo (capitolo 40, capitolo 281, capitolo 315), alle donne è attribuito il compito di accudire i bambini e le bambine, mentre le aspettative di genere le inquadrano come “materne”. Quindi una donna pedofila destabilizza tutti questi stereotipi comunemente accettai, rendendo la cosa di difficile accettazione e comprensione.

La maggior parte delle abusanti agiscono in ambiente domestico. Questo comportamento è comune anche tra i maschi pedofili, ma in ambito femminile l’incidenza all’incesto è estremamente più alta. Possono essere madri, sorelle, zie, nonne, cugine. Ma anche baby sitter, allenatrici, insegnanti, figure di riferimento per il bambino e la bambina. È più difficile che sia una figura esterna, o con la quale la vittima si interfaccia saltuariamente.

La violenza sessuale al femminile non viene percepita come tale dalla maggioranza della popolazione, specialmente per via di un distorto retaggio patriarcale, soprattutto se la vittima è un bambino, o un ragazzo maschio. Anzi, viene stigmatizzato chi si sente violato, cercando di fargli capire la “fortuna” che gli è capitata (capitolo 243). Una violenza è sempre una violenza, non importa chi la subisce o chi la perpetra.

Un altra percezione distorta è quella di non comprendere come una donna biologica possa “meccanicamente” compiere una violenza sessuale. Qui si mina un altro stereotipo, dove una violenza viene identificata tale solo se c’è penetrazione. Uno stupro può avvenire in diversi modi: toccando, o facendosi toccare, in maniera non appropriata; facendo assistere la vittima a comportamenti sessuali o a rapporti; parlando esplicitamente di argomenti sessuali; esponendo il bambino o la bambina a materiale pornografico e pedopornografico; costringendo la vittima a comportamenti sessuali, o, in caso di più vittime, forzandole ad atti sessuali tra di loro; effettuando o facendo effettuare a loro la penetrazione con oggetti; facendo “coccole”; esibendosi sessualmente o costringendo ad esibirsi per sé o per un pubblico (anche online). In caso di vittima maschile, la stimolazione, sia meccanica che visiva, può provocare erezioni, con l’abusante che può approfittarne per soddisfacimento delle sue pulsioni. Ciò può causare confusione alla vittima, ma non significa che il bambino sia consenziente, è solo che è così che funzionano quelle parti del corpo (capitolo 490).

Nell’ambito del COCSA (le violenze perpetrate da altri bambini o altre bambine, capitolo 226) le bambine o le ragazze che perpetrano violenze, sono spesso caratterizzate da una ferocia più brutale rispetto alle loro controparti maschili. Purtroppo molte di loro provengono da situazioni di abuso, sia in ambito domestico, che legato alla pedopornografia. In quest’ultimo caso mi sono imbattuto in alcune testimonianze, dove le ragazze “troppo cresciute” per partecipare a quelle mostruosità, continuavano ad essere sfruttate dalle persone adulte per tenere in riga i protagonisti e le protagoniste delle loro realizzazioni. Malgrado avessero passato lo stesso inferno, le ragazze erano spesso le più crudeli verso le altre vittime più giovani coinvolte attivamente nella realizzazione del materiale. Comunque, a differenza di quello che si creda: che l’abusante sarà destinato o destinata ad abusare a sua volta, sono casi molto rari. Chi subisce violenze è più suscettibile a rimanere vittima per il resto della vita, non solo in ambito sessuale, ma abbracciando l’intera esistenza (bullismo, mobbing, discriminazioni, ecc). Resta comunque il fatto che l’abuso subito da un altro bambino o un’altra bambina è comunque un abuso, con tutte le conseguenze che porta alla vittima. E l’abusante è responsabile della sofferenza che provoca.

Per una donna, soprattutto di famiglia, è più facile camuffare i comportamenti sessuali, per esempio durante il bagnetto, la vestizione, o il processo educativo. Questo porta la vittima a provare sentimenti contrastanti e difficoltà a riconoscere le violenze subite, perché legati comunque ad atteggiamenti nell’ambito di “prendersi cura” del bambino o della bambina, rendendo ancora più complicato il processo di guarigione.

A differenza degli stupratori uomini, che solitamente trattano le vittime come se avessero ogni diritto sui loro corpi, le stupratrici assumono, in linea di massima, un atteggiamento maggiormente manipolatorio, giustificando le loro azioni in un ambito più ampio di accudimento ed educazione. Soprattutto, se non sono parte della cerchia familiare, le pedofile spesso di discolpano mettendo di mezzo i sentimenti di affetto e amore che provano per la vittima, sfruttando a loro vantaggio la mancata, o comunque parziale, percezione che uno stupro non può avvenire da parte di una donna e che quando avviene, la vittima, se è un maschio AMAB, deve sentirsi fortunata.

Non possono esistere amore e affetto. Uno stupro è uno stupro, non importa chi sia a commetterlo. Una violenza rimane tale anche se l’abusante è gentile e tratta “bene” la vittima (capitolo 484). Non può esserci consensualità tra un bambino / una bambina e una o più donne adulte. Sono loro le adulte. Sono loro che avevano a disposizione più strumenti. Sono loro che non avrebbero mai dovuto fare quello che hanno fatto. Tutti questi fattori possono portare la vittima ad un’estrema confusione, rendendola incapace di riconoscere quell’abuso come tale. E, se non si riesce a riconoscere, risulterà più difficile poterne parlare e poterlo processare per cercare di guarire.

Non è mai colpa della vittima. Se vuoi conoscere e confrontarti con argomenti simili, la pagina ABUSI è a tua disposizione cliccando qui. Non sei solo, non sei sola. Il tuo dolore è valido, così come sei valido tu, così come sei valida tu. Qui troverai un posto sicuro, senza giudizi, né pregiudizi.

34 pensieri riguardo “Capitolo Quattrocentonovantacinque

      1. Purtroppo so di non poterne avere idea e non sai quanto tutto questo mi addolori profondamente.
        Mi dispiace tantissimo per il male che ti hanno fatto, che hanno fatto ad altri e che continuano a fare.

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  1. Credo non esistano parole per definire tutta questa malvagità, dire che sono persone malvage credo sia un eufemismo, veramente non riesco a trovare una parola adeguata che le cataloghi in tutto il male che fanno e che procurano a delle persone innocenti, perché quando si parla di bambini si può solo parlare di innocenza.

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      1. Purtroppo è un argomento duro ma sempre purtroppo fa parte di una certa realtà e neppure tanto circoscritta, è importante su certe tematiche sensibilizzare anche se sono toste, davanti a certi avvenimenti non si può e non si deve rimanere indifferenti e occorre appunto parlarne e penso che tu faccia bene a parlarne e lo sai fare altrettanto bene dicendo le cose come stanno nella loro crudeltà, ma del resto è lo stesso argomento così crudele e non si possono usare termini edulcorati per esprimere i fatti. Buona giornata Buio 🌹

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  2. Purtroppo gli stereotipi patriarcali impediscono di avere una visione più ampia delle persone che compiono abusi. Come hai giustamente detto tu, le donne che danno tali atti sono statisticamente di meno degli uomini, ma ci sono. E inoltre questo stereotipo porta anche a una grande discriminazione degli uomini che subiscono questo tipo di violenza. C’è veramente tanta disinformazione a riguardo, tanta ignoranza e tanti pregiudizi ed è un bene che qualcuno ne parli in maniera matura e precisa, senza mancare di aggiungere un tatto che è molto raro trovare in giro. Complimenti per l’articolo, amica mia.

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      1. Questi argomenti sono sempre pesanti per me, visto che è un argomento molto delicato e a cui tengo tanto. Però sei riuscito a parlarne con enorme tatto e intelligenza e questo ha aiutato molto. E comunque non smetterò di informarmi. Come ho detto, sono argomenti a cui tengo molto e dove vorrei una maggior consapevolezza da parte delle persone.

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  3. Capitolo molto importante questo. Le donne e le mamme sono umane piene di angoli oscuri ed ombre e non semplici angeli del focolare.
    Per quanto statisticamente più rare, mi fa veramente male pensare alle loro vittime. In particolari se AMAB, non perché su di loro sarebbe più grave, ma perché per le ragioni da te esplicitate vengono credute meno per via sempre di pregiudizi. E’ un ostacolo in più nel già difficile percorso di denuncia.

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    1. Anche nella comunità delle persone abusate, se ne parla ancora troppo poco. Specialmente le vittime AMAB in adolescenza, si sentono male, ma la pressione sociale, gli stereotipi di genere, le aspettative, e anche la paura di essere etichettati come omosessuali (bisognerebbe aprire un capitolo a parte sull’omofobia interiorizzata), fanno si che si sentano invalidati e stupidi a provare le sensazioni che un abuso ti lascia.

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