Capitolo Duecentoventisei

Questo capitolo è rivolto prevalentemente ai sopravvissuti e alle sopravvissute di abusi sessuali durante l’infanzia. Specialmente quegli abusi che coinvolgevano coetanei come abusanti. Non continuare se credi che potresti turbarti.

Come ho già parlato in passato, l’abuso sessuale durante l’infanzia non è perpetrato soltanto da persone adulte, uomini o donne che siano. A volte le violenze vengono commesse da persone che non hanno molti più anni di noi, arrivando addirittura ad essere nostre coetanee, o anche più giovani, insomma, bambini e bambine come noi. Non è l’età o il genere di chi abusa che rende meno grave la violenza: resta comunque un abuso, in tutto e per tutto, con il lascito che questo trauma ci lascerà per tutta la vita. Tutto ciò ha un nome: COCSA: Child on Child Sexual Abuse (Abuso Sessuale di un Bambino Contro un altro Bambino). Sfortunatamente non se ne parla abbastanza, perché è difficile vedere altri bambini o bambine come carnefici. A volte le persone adulte arrivano addirittura a declassificarlo a gioco, o cercando di far sentire fortunati soprattutto i maschi se la violenza è stata subita ad opera di una femmina, invalidando così la sofferenza di chi ha subito quegli stupri. Non importa se durante quegli atti provavate piacere, non vi rende complici di chi vi ha abusato, è solo che è così che quelle parti del corpo funzionano. Non lo volevate, anche se chi abusava di voi può avervelo inculcato nelle vostre teste (persona adulta o bambino che fosse). Non è colpa vostra.

Si possono valutare le situazioni sul perché bambini e bambine arrivino a perpetrare queste violenze, come l’esposizione a materiale pornografico o a rapporti sessuali veri e propri, o, purtroppo, a violenze e molestie subite da loro stessi. Ma ciò non li rende meno responsabili delle loro azioni. Per fortuna sono la stragrande minoranza, perché chi è vittima è più suscettibile a rimanerlo per il resto della propria vita, in diversi ambiti, non solo quello sessuale, piuttosto che trasformarsi in carnefice. Una ragione molto diffusa da chi ha subito una tipologia di abuso, o prevaricazione, è che sa quanto possa far schifo mangiare del letame e non vuole che nessun’altra persona provi quel gusto orribile. Quindi non ci sono attenuanti, rimane un abuso vero e proprio con il trauma che esso comporta. Un’analogia potrebbe essere che se ad un bambino che maneggia una pistola, parte accidentalmente un colpo, si può valutare la sua non piena consapevolezza, ma intanto l’altro bambino colpito rimane colpito, spesso in maniera irreparabile. Forse può sembrare estrema come analogia, ma è lo stesso esatto meccanismo. Ciò non toglie che il carnefice o la carnefice non debbano essere aiutati a loro volta, senza però sottrarli alle loro responsabilità. Ma se si arriva questo punto vuol dire che la prevenzione è fallita da molto tempo, producendo due vittime, di cui una, a sua volta, trasformata in crudele boia.

21 pensieri riguardo “Capitolo Duecentoventisei

  1. Certe volte penso che molti adulti reagiscano in questo modo perché non vogliono vedere. Altre perché non si rendono conto della gravità della questione. In ogni caso troppo spesso vedo adulti dire al maschio che è “fortunato” se una ragazza si comporta in quel modo. C’è molta, moltissima ignoranza in giro e di questo argomento effettivamente non se ne parla proprio, il massimo che io sono riuscito a vedere è su internet e neanche in larga parte. In televisione poi non ne parliamo.

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      1. Anche nel nostro piccolo possiamo dare una mano, anche se solo a una persona. Ovviamente se si riuscisse a sensibilizzare più persone sarebbe decisamente meglio, ma bisogna pur iniziare da qualche parte.

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