Capitolo Quattrocentonovantasette

Nel recente capitolo 495 ho accennato al fatto che, malgrado la credenza popolare, uno stupro può essere effettuato non solo tramite penetrazione e violenza fisica. Allora, cosa può essere considerato un abuso sessuale?

Un abuso di questo tipo può coinvolgere qualsiasi atto che costringa una persona, o che la metta in condizioni di non sottrarsi, a qualsiasi atto di natura sessuale. Anche persuadere la persona, o approfittarsi di un suo stato fisico o mentale è da considerarsi ugualmente un abuso. E chiunque può subire una violenza sessuale: un uomo adulto, una donna adulta, un bambino, una bambina. Così come chiunque può perpetrarla, sia esso un uomo adulto, una donna adulta (capitolo 243), un bambino o una bambina (capitolo 226 sul COCSA). Statisticamente sono gli uomini più propensi ad essere gli abusanti e le donne più suscettibili ad essere le vittime, ma ciò non significa che le altre combinazioni siano da considerarsi di minore gravità. Un abuso rimane un abuso, non importa chi lo perpetra e chi lo subisce, ha gli stessi devastanti effetti di qualsiasi altro abuso.

Una violenza sessuale può coinvolgere la penetrazione e la brutalità fisica, ma anche una minaccia, una percezione di minaccia, data dalla mancanza di simmetria sociale, o fisica, tra l’abusante e la vittima. Anche senza una minaccia esplicita, questi fattori possono far percepire alla vittima l’impossibilità di sottrarsi all’atto (il movimento #metoo è nato anche per questo).

Una violenza sessuale può avvenire toccando in maniera non appropriata (sia volontariamente che come sintomo d’altro, per esempio il disturbo frotteuristico), o mettendo in condizione la vittima di toccare il suo abusante, un’altra vittima, o anche sé stessa. La penetrazione con oggetti, sia da parte dell’abusante che da parte della vittima stessa, è da considerarsi una violenza.

Ma esistono anche altri tipi di stupri, che non coinvolgono direttamente il contatto fisico, ma che possono causare gli stessi traumi, soprattutto ad un bambino o ad una bambina.

Fare assistere la vittima a nudità, a comportamenti di natura sessuale o a rapporti, da solo o da sola, o con altre persone. Esponendo la vittima a materiale pornografico o pedopornografico. Parlando di argomenti espliciti (incluse le allusioni) in presenza dell’abusato o dell’abusata o costringendoli e costringendole ad una conversazione riguardante aspetti intimi. Forzando la vittima a spogliarsi, o non rispettando la sua privacy quando essa si trova in una condizione di nudità (soprattutto per bambini e bambine in bagno o in occasione della minzione). Costringendo, o mettendo in condizione, le vittime ad effettuare atti di autoerotismo. “Coccolando” la vittima senza un suo libero e consapevole consenso. Abbigliando le vittime, soprattutto bambini e bambine, con vestiti a chiaro richiamo sessuale. Simulando o facendo simulare atti non appropriati. Esporre o far esibire la vittima in un contesto erotico-sessuale. Anche uno sguardo, in un contesto inappropriato, può far sentire abusata la vittima.

Il catcalling e i “complimenti” su parti del corpo specifiche, possono rientrare anch’essi nella categoria.

Gli stupri, gli abusi, le molestie possono avvenire sia nella vita reale, che online. Una violenza sessuale può manifestarsi in tanti altri modi diversi. Nessuna reazione è esagerata, o eccessiva, e i sentimenti di chi prova queste sensazioni sono validi. Così come rimane valida la vittima.

Spesso l’abuso non ha niente a che vedere con un urgenza sessuale del violentatore, ma riguarda più il potere ed il controllo che l’abusante può esercitare sulla vittima (capitolo 479).

26 pensieri riguardo “Capitolo Quattrocentonovantasette

  1. Continuo a reputare il tuo lavoro veramente importante perché scavi a fondo, cerchi di spiegare nella maniera più semplice e completa certe tematiche che in tanti, troppi, danno per scontato e oltre a ciò lo fai con la giusta empatia. Quindi non posso far altro che ringraziarti per l’enorme lavoro che stai facendo.

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  2. Grazie per questo capitolo.
    C’è tanta ignoranza in merito (unita magari al desiderio di non voler credere, per alcuni) e le numerose sfumature che esistono sono tante che senza sensibilizzazzione (o esperienze personali) difficilmente le si può arrivare a conoscere tutte, e talmente insidiose che sono anche difficili da ri-conoscere quando ce le si trova davanti, visto che così spesso chi abusa è un abile manipolatore.
    Parlarne penso sia l’unico mezzo per combattere il victim blaming, visto che certi atteggiamenti e manipolazioni vengono utilizzate come controargomentazioni per “dare il beneficio del dubbio” a chi abusa.
    E’ come se solo un certo tipo di casistica e vittima abbia il diritto di essere presa sul serio.

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    1. Questa tua conferma mi commuove. Pensare che anche la parola stupro possa essere manipolata e sminuita dagli abusanti è terribile. Lo stupro non riguarda solo una cosa, ma è tutto un contesto, e la cultura dello stupro non fa altro che alimentare questo circolo vizioso. Vorrei tanto che questo circolo possa un giorno fermarsi. Grazie per avere un’anima così sensibile e grazie per donarmi la tua fiducia.

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